Stefano Berti è uno dei tanti vignaioli romagnoli che stanno ragionando sull’identità che il sangiovese esprime sui terreni argillosi della prima quinta collinare, in questo caso nella zona compresa tra Predappio e Forlì. Dopo la magica edizione 2001, con la quale esordì in guida conquistando i Tre Bicchieri, Stefano non è più riuscito a trovare l’equilibrio tra potenza ed eleganza, e i vini, sempre convincenti, hanno un timbro carnoso, una bocca leggermente asciugata dai tannini e molto alcol. Una mano più leggera potrebbe equilibrare l’espressione dei vini e un lungo periodo di affinamento in bottiglia sarebbe utile per addomesticare questi tannini un po’ aggressivi. Pertanto condividiamo la decisione di Stefano di tenere per un anno ancora in cantina il Calisto 2006, e siamo curiosi di capire se ciò gli gioverà. Abbiamo assaggiato invece un convincente Ravaldo, etichetta sulla quale Stefano è molto affidabile e dove probabilmente si trova a fare scelte meno radicali: è un vino austero, composto e nonostante un tannino spavaldo ha la stoffa per esprimersi con profondità e qualità. La bocca si distende sfruttando una spinta acida che le regala grande dinamicità; peccato l’alcol leggermente sopra le righe.
Così recita la Guida Vini D’Italia 2009 appena uscita edita da Gambero Rosso e Slow Food. Ora non per polemizzare ma una volta “carnoso” era da intendersi positivamente e se un vino che ha 14° ha molto alcol forse c’è qualcosa che non quadra. Comunque, col solo intento storico/didattico/divulgativo, vorrei citare quello che si diceva del Calisto 2003 nell’edizione 2005 della medesima guida:”…sfiora di un nulla la riconquista dei Tre Bicchieri in ragione di un aspetto olfattivo giocato su sensazioni fruttate, piene, mature e carnose ( di more, amarene e duroni), affiancate da una sottile speziatura e da eleganti note di grafite e di china. La bocca è veramente potente ma al contempo molto elegante e misurata, con uno spessore fittissimo ed estremamente morbido, e con una persistenza gustativa pregevole. ‘E vino dalla personalità spiccata e dallo stile unico e ricercato, sempre uguale in tutte le sue edizioni.”
E per finire vorrei avvisare i miei colleghi che lavorano sulle argille che per i curatori della guida “…la sfida del futuro sarà quella di equilibrare i vini, sia nella componente alcolica sia nella potenza estrattiva, senza ovviamente perdere valore; una sfida difficile e intrigante, che in Romagna traccerà il confine della qualità nei prossimi anni…”
Produttore avvisato mezzo salvato!
Certo che e’ una recensione ben curiosa; alla fine si fonda in gran parte sull’elemento dell’equilibrio, che e’ tra quelli piu’ soggettivi, nell’assaggiatore. E poi, paradossalmente, elenca parametri descrittivi tra i piu’ attraenti, per il mio giudizio.
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sono d’accordo con Fiorenzo, pur essendo un “profano”, dilettante dell’argomento, e pur rivestendo un ben noto ed innocuo conflitto di interessi (a differenza del Presidente del Milan). Mi vengono in mente, peraltro, i giudizi che, per pratica concorsuale, rilasciamo sui candidati ai posti di ricercatore, professore ordinario o professore associato: ovvero, una soggettività talvolta esagerata. Prenderei il giudizio come stimolo: a continuare a lavorare bene ed a fare ancora meglio, le cose fatte bene restano, gli squilibrati prima o poi vanno altrove.
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